Personale, Tullio Brunone

30 Novembre 2007
Tullio Brunone
Inaugurazione: Venerdì, 30 Novembre 2007, alle ore 18,30

Galleria: 1/Fmediaproject, c/o studio.ra contemporanea
Fino al 29 Dicembre, dalle ore 17,00 alle ore 20,30
www.tulliobrunone.it


Tullio Brunone, Considerazioni sull’autoritratto elettronico.
Non incontriamo mai nessuno, se non l’immagine. Forse noi stessi abbiamo a che fare solo con la nostra rappresentazione. Come Jekyll, nell’auto/ritratto tecnologico non incontriamo noi stessi, ma la nostra immagine e ne restiamo prigionieri.
Un urlo ci salverà è il titolo di una presentazione di Angela Madesani per una installazione realizzata a Berlino. Ecco, mi pare che in questi due concetti sia il nodo da sciogliere.
L’urlo diviene la metafora dell’uscita prorompente, di una reazione ed è dal nostro interno che bisogna passare per una nuova questione del reale.
Si è oramai portati ad vedere l’immagine attraverso la velocità, attraverso la mancanza di osservazione. Come si diceva, vedere ma non guardare, eppure una considerazione su un meccanismo percettivo stimolato dal rallentamento credo sia interessante, utile e necessario.
Lo sviluppo dei linguaggi mediali prosegue lineare diffondendosi in una direzione univoca e la ricerca è in buona parte concentrata nello sviluppo di espressivita’ tematiche che, in un senso sviluppano le potenzialita’ dello strumento e delle aree o sistemi di diffusione, mentre contemporaneamente aumentano i modi della comunicazione dei relazionamenti, con comportamenti e logiche profondamente relazionate ed in sincronia con lo sviluppo complessivo dei sistemi legati al comportamento collettivo e sociale.
Un senso di liquidità che capillarmente si diffonde mentre nel tempo in cui ciò avviene, si assottiglia, si riduce lo spessore ,… dove la profondità è intesa come approfondimento. Ed oggi è sempre più frequente l’ingigantimento delle immagini nelle visioni cittadine e urbane, che ci pone di fronte ad enormi manifesti che trasmettono solo lo spessore della loro superficie, qualche decimo di millimetro di profondità/approfondimento.
E’ questa una fase dinamica tendente a concentrare sull’apparente i valori ed i contenuti di senso. La finalizzazione all’efficiente, al pratico, all’utile è un sistema collettivo definito e attraverso questo modello si articolano una serie di malaffari che spostano il tempo della osservazione e della comprensione. Non a caso il senso comune dell’estetica, il bisogno dell’appartenenza, le organizzazioni sociali, producono come reazione la distruzione, la cancellazione dell’estetica stessa, la devastazione del luogo; non vi è la proposizione di un valore in positivo, che si opponga al senso della visione subìto e privo di profondità, veloce, da usare rapidamente, che è nel sistema contemporaneo.
Dopo anni di perlustrazione delle tecnologie, del tentativo di comprensione delle connessioni che il linguaggio mediale ha intrecciato col sistema complessivo sociale, quindi degli aspetti economico e linguistici, ho la convinzione che proprio per essi e con essi quindi sia necessario intraprendere un itinerario per ripensare in senso verticale, oltre il limite dell’espansione, in senso contrario immergendoci oltre il limite della superficie, della soglia. E come lo specchio costringe alla riflessione dal momento che ritorce noi stessi, e come nella teoria alquanto suggestiva che nella riflessione infinita di noi stessi, coinvolgendo il tempo della rifrazione, ipotizza lo scorgere delle nostre origini,…la tecnologia ci sposta non più nel tempo passato bensì nell’angoscia di noi stessi.
Come operazione chirurgica penetra nel nostro profondo stanando l’animo intimo ed ambiguo di cui siamo consapevoli, da sempre latente, trasversale a noi.


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